Don Tonino Bello, figlio di un padre maresciallo e di una madre semplice e di grande fede, nasce nella cittadina salentina di Alessano, in Puglia, il 18 marzo del 1935, dove trascorre la sua infanzia tra le cose “semplici e pulite” di cui conserverà sempre il ricordo.
L’8 settembre 1957 viene ordinato sacerdote ed è chiamato ad essere accompagnatore vocazionale nel Seminario Diocesano di Ugento: è nel rapporto con i tanti adolescenti che don Tonino sprigiona tutta la sua passione educativa, affinata dalle molteplici esperienze e da una profonda riflessione pedagogica. Alla fine degli anni settanta è parroco di Tricase, qui inizia a toccare con mano l’urgenza dei poveri, degli ultimi, che lo spingono a creare un Centro Caritas e un Osservatorio sulla povertà. Il suo spirito di comunione e di servizio rendono don Tonino un grande interprete della «Chiesa del grembiule» – come amava definirla – povera e amante dei poveri. Non è una scelta demagogica o ideologica, come molti gli rinfacciano, ma evangelica, scritta nel cuore stesso del Vangelo.
Dopo la nomina di Vescovo di Molfetta – Giovinazzo – Terlizzi nel 1982, è costretto a lasciare la sua Parrocchia, a cui lo lega per sempre un rapporto profondo, ma anche nella nuova terra si fa interprete dei bisogni della sua gente, donandosi instancabilmente e impegnandosi senza sosta. Da vescovo è preoccupato per tutti quei ragazzi che erano caduti nella spirale di morte della droga e che vagavano come sbandati alla ricerca della “roba” commettendo sempre più spesso furti e scippi per procurarsi i soldi. Fonda così, tra le prime nel sud Italia, la comunità per tossicodipendenti “C.A.S.A”, a Ruvo, che è stata il suo modo di accarezzare il volto dell’altro, di coloro ai quali, attivamente, si faceva prossimo, specialmente se impoveriti, emarginati e criminalizzati. E di fatto la Comunità intreccia totalmente la sua dimensione di comunità terapeutica con le caratteristiche di un laboratorio umano dove sperimentare forme di prevenzione capaci di far risplendere la dignità regale in ciascuno.
È forte il suo messaggio a favore di tutti coloro che per la logica dello scarto hanno subito prevaricazioni e abusi. Don Tonino è convinto che non vi può essere pace senza giustizia, per questo, in quanto Presidente di Pax Christi, nel 1992, nonostante la fatica della malattia, marcia a piedi verso Sarajevo sotto assedio a causa della guerra civile.
Nella sua vita non ha mai tralasciato i giovani, anzi li ha sempre invitati ad essere attivi protagonisti della storia, a costo di spendere la propria vita per gli altri; non si può rimanere passivi spettatori di un mondo appesantito dalle divisioni e dalle prepotenze, è urgente invece diventare coraggiosi costrutti di pace e solo i giovani hanno l’entusiasmo e la passione dei grandi “sogni diurni”, incoraggi dalle sue parole: «possiate passare dai crinali dell’ascolto, delle emozioni, che vi impegnate, che scendiate sul campo, non state alla finestra a guardare, datevi da fare perché ci sono oggi molte forme d’impegno e io credo che se tutto voi dare ascolto ai grandi sogni diurni che tanta gente oggi coltiva, se rimboccandovi le mani scendete anche voi in campo, io sono convinto che la pace prima che darla agli altri, ve la sentirete sgorgare nel cuore come fiume di acqua viva… Che possiate essere operatori di pace, protagonisti, a costo della pelle, a costo della vita, spendetevi per questi ideali, ne vale la pena»
É poco dopo questo invito ad amare la vita con forza, ad essere promotori di pace, a marciare controcorrente e a spendersi nel servizio dell’umanità Don Tonino muore il 20 aprile 1993.
Il suo invito ancora oggi rimane attuale in una società dove si vive di un passivo adattamento, di “io” e non di “noi”, di muri e non di ponti ed è al suo invito che noi diciamo SI, perché “laggiù, sul mare, ancora senza vele e senza sogni, si è accesa una lampara”.
A.P.S. LA LAMPARA: VELE E SOGNI
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